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giovedì 17 ottobre 2013

L'esaurimento della partecipazione


L'essenzialità della modernità è la presa in carico totale e totalizzante dei nostri corpi e delle nostre abilità cognitive e pratiche. Sanitarizzazione e scolarizzazione delle corrispondenze vitali sono stati gli strumenti affinchè il potere riuscisse a pervadere le dinamiche relazionali e a controllarne le traiettorie.



Da una parte del continuum operavano l'educazione all'utilizzo utensile delle funzioni manipolative del corpo, e dall'altro la conservazione delle abilità corporali acquisite per il maggior tempo possibile. Questi erano esercizi ri-produttivi del potere funzionali alla produzione organizzata delle merci nella fabbrica scientifica moderna.

La scuola di Stato nasce dapprima come organismo preposto alla costituzione (formazione) del cittadino corrispondente alla forma nuova dell'organizzazione statale (così come la leva obbligatoria di massa istituita da Napoleone), e nella fase più matura come appendice alla formazione (riproduzione) organizzata delle abilità e delle competenze da occupare successivamente nella produzione organizzata delle merci. Ovviare a questi passaggi, quando lo si è fatto, hanno solo procurato enormi conflitti sociali. Programmare esodi di massa di genti dalle campagne verso le città, collocandoli in forme relazionali urbane e produttive razionali e rigidamente organizzate determinò come effetto collaterale forti conflitti sociali e lo scontro fra parti vitali della comunità. Non poteva essere altrimenti: masse di contadini, costitutivamente "pieni" di competenze relazionali corrispondenti a dinamiche non "scientifiche" come invece quelle espresse nella fabbrica organizzata e nella urbanità concentrazionaria della città, non potevano che frizionare, si fa per dire, con lo "svuotamento" rieducativo effettuato direttamente attraverso i luoghi della (ri-)produzione, ovvero nei  processi produttivi e riproduttivi sia nei luoghi del lavoro e sia nelle periferie anonime delle città industriali.

Le forme di espropriazione cui queste genti erano sottoposte, esercitando un conflitto interno alle stesse per via del fare posto al vuoto delle corrispondenze funzionali e utili al sistema, non potevano che manifestarsi anche intellegibilmente con la reazione violenta e caotica degli scontri sociali.
Le lotte operaie nelle strade e nelle piazze delle città industriali e finanche il reclutamento di uomini e di donne nelle falangi del terrorismo degli anni '60 e 70 del secolo scorso si spiega principalmente attraverso il processo di svuotamento "pedagogico" avvenuto sulle identità di genti socialmente educate a modalità relazionali differenti data la provenienza dalle forme vitali contadine. Ciò che appariva come "lotta di classe" e "consapevolezza di classe" non era altro che  conflitto interno alle menti e ai corpi di masse di genti oggetto della trasformazione radicale e violenta che le nuove modalità relazionali stavano imponendo a queste.

Il rimedio che lo Stato abilmente organizzò fu da una parte la sanitarizzazione dei corpi, per un verso funzionale alla conservazione dell'integrità riproduttiva della abilità produttive allora scarse (nella caotica e veloce eccedenza delle dinamiche produttive di massa di quei tempi): gli operai erano "merce" rara, e la mobilità intraterritoriale era ancora legata ad aspetti non globali ma nazionali se non infraregionali, e quindi preservare le abilità funzionali per la produzione organizzata delle merci ancora non completamente automatizzate ma labour intensive erano condizioni indispensabili per la continuità del sistema stesso.

Accanto a questo scopo principale si accompagnava quello accessorio della espropriazione della curà di sé del proprio corpo. La presa in carico delle appendici corporali era la via per arrivare, dalle periferie del corpo, alla presa in carico delle funzioni neurologiche e cognitive. L'affidamento del proprio corpo ad un altro corpo funzionalmente preposto allo scopo comportava anche l'affidarsi cognitivamente, nella asimmetria informativa che se ne veniva a determinare nelle competenze specialistiche così costituite, alla "volontà" rappresentativa e pratica di un altro, ovvero il medico.

Parallelamente a questo processo fu avviata la scolarizzazione di massa, con lo scopo di educare fin da presto nella età infantile i corpi e le menti alla corrispondenza funzionale che successivamente sarebbe stata loro richiesta dalle esigenze del sistema produttivo organizzato. Apprendere che il principio di autorità non venisse solo esercitato dalla famiglia ma anche da una società "organizzata" che di uomini e di donne disciplinate necessita, era ciò che bisognava insegnare per ovviare ai conflitti (prima interni e poi fenomenicamente espresse) cui le masse contadine erano occorse col processo di collocazione nei processi produttivi industriali delle merci dell'organizzazione scientifica moderna.
Alla ciclicità del tempo naturale appreso nelle dinamiche urali, nelle scuole era insegnato un tempo organizzato differente: precise ore dedicate all'apprendimento nel luogo stesso della scuola, altrettanto precise ore di apprendimento differito nel luogo extrascolastico, determinate ore di pausa dall'apprendimento non corrispondenti alla ciclicità delle produzioni agricole ma a quelle delle dinamiche religiose o comunque riproduttive del consumo di massa. Ai discenti viene così principalmente insegnato a saper stare nei Non-Luoghi della produzione e della riproduzione moderna. La società disciplinare può così avviarsi verso il proprio trionfo cognitivo e culturale.

Oggi, dove l'abbondanza di corpi funzionali alla produzione, anche per effetto delle migrazioni intercontinentali e globali e per effetto della automatizzazione dei processi produttivi che richiedono meno intensità di utilizzo di lavoro manuale, comportano la dismissione da parte dello Stato delle attività di presa in carico del corpo. La retorica sulla privatizzazione delle funzioni sanitarie ha ruolo solo se inscritta all'interno di questa dinamica di trasformazione dei processi produttivi: non v'è più necessità di avere, fino ad un'età ragionevolmente adulta, un corpo conservato nelle sue abilità funzionali poichè è oggi possibile la più ampia intercambiabilità dei corpi stessi attraverso la sostituzione al tempo dovuto con altri più freschi. Le politiche liberistiche che privilegiano l' uscita dal lavoro in forme non strettamente regolamentate e la liberalizzazione e l'incentivazione delle politiche di ingresso flessibili e finanziariamente sostenute con denari pubblici dei giovani, sono lì a dimostrazione che oggi la produzione organizzata non ha più bisogno di avere 50-60 enni ancora abili al lavoro poichè è possibile dismettere questi corpi e sostituirli con altri più freschi. Le abilità e le competenze acquisite nei processi industriali possono essere facilmente trasmesse trattandosi di aspetti funzionali non complessi ma parcellizzati dell'intero processo produttivo, oltre che di scarsa competenza. Oggi in 15 giorni una funzione produttiva nei processi industriali può essere facilmente appresa anche da uomini e donne mediamente intelligenti.

Parallelamente alla decadenza della funzione sanitaria dello Stato moderno, è venuta anche meno la funzione pedagogica della scuola statale per la costituzione di identità e abilità cognitive funzionali alla società disciplinare. La funzione rieducativa della scuola, quale principale trasmissione dell'esistenza di un principio di autorità sociale estraneo alla famiglia se non prevaricatore di questa e che è espresso all'indifferentismo della società, è decaduta. In parte per via del consolidamento della società dei consumi e dell'atomizzazione relazionale, ma soprattutto per via della sostituzione di questa funzione rieducativa da parte di diverse agenzie culturali che nel frattempo hanno trovato luogo e diffusione nell'industria della informazione: i media televisivi e internet.
Se oggi il dibattito sulle free schools (che qui vi abbiamo accennato in questo video) trova appello (vedasi come lo sta introducendo Andrea Ichino in questa intervista) e interesse anche in Italia quale surrogato dell'espressione delle autonomie locali produttive, culturali, educative e relazionali delle forme organizzate della società cosiddetta civile, lo si deve allo svuotamento operato in questi anni della funzione della scuola, in parte per i motivi sopra detti e anche per il parallelo svuotamento e decadimento del reclutamento del personale didattico.

Non mi interessa qui adesso discutere della bontà e delle opportunità che nelle politiche di liberalizzazione della scuola possono evidenziarsi e manifestarsi, o anche delle minacce alla libertà d'insegnamento che in queste politiche si annidono. Quello che invece, come conclusione di questo lungo scritto mi preme sottolineare, è il ruolo politico che i mezzi di trasmissione delle informazioni svolgono e stanno svolgendo come epilogo finale del controllo capillare delle dinamiche di costruzione di senso della vita, personale e relazionale.

Se i media televisivi (essendo invadenti nella diffusa capillarità delle nostre vite private e intime) e internet stanno sostituendo i processi di socializzazione che invece avvenivano nella scuola, per via della dapprima decadenza della funzione sociale della famiglia a seguito della trasformazione produttiva delle ex società contadine e rurali e, parallelamente,  della espropriazione della funzione socializzante da parte della scuola stessa, è cosa che è inutile qui argomentare, essendo evidente ai più.
Quello che mi preme invece evidenziare è il ruolo che questi oggi principalmente svolgono, e che pochi riescono a rendere nell'analisi.

Se l'estensione della sanitarizzazione e scolarizzazione di massa (insieme al processo di atomizzazione consumistica della società contemporanea)  ha consentito di raffreddare le dinamiche conflittuali derivanti dalla svuotamento della precedente civiltà e cultura contadina e che nella fabbrica organizzata trovavano motivo di emergenza essendo oggetto dello svuotamento di senso, tanto da rinchiudere la partecipazione al processo decisionale nelle stanze e negli anfratti istituzionali del sindacato e della democrazia partecipativa, oggi la informatizzazione di massa consente una ulteriore espropriazione della partecipazione diretta al processo decisionale. Apparirà un paradosso, ma così è. Quello che sta accadendo è che dal controllo dei corpi e delle menti stiamo passando al controllo delle dinamiche relazionali e partecipative. Ovvero alla vera e propria presa in carico della capacità trasformativa della realtà.

La TV da contenitore di formazione culturale è nel frattempo diventata dispensatrice di fittizia partecipazione politica. La diffusione pervadente a ogni ora dei contenitori parolai del dibattito politico consente, nell'atomizzazione dei salotti o delle sale da pranzo, di assumere su di sè una determinata posizione partigiana e tifosa di una parte. Per giunta, il finto giornalismo di inchiesta e di contropotere è funzionale alla riproduzione semantica del potere stesso: questo, il potere, esiste finchè qualcuno lo contesta e ne manifesta le contraddizioni con il popolo, il quale, così come affidava e affida il corpo e lo spirito al medico o all'insegnante, si "affida" totalmente al giornalista che, in vece sua, lamenta lo strapotere dei potenti. In un colpo solo, questo giornalismo accusatorio del potere diffonde una retorica populista, funzionale alle forme più primitive del potere e della riproduzione di senso dello stesso, lasciandoci nella partecipazione passiva dell'indignazione e all'unico risultato della rabbia e della radicalizzazione della passività. Anzi, rinforza in ognuno la pervicace consapevolezza che così va il mondo, e che la partecipazione ai processi decisionali non può che essere corrotta e corrompibile, svuotando emotivamente nello stesso istante del riempimento indignato ogni realizzabile partecipazione attiva e soggettiva, nonchè oggettiva.

Ancor più efficace è il ruolo che, nell'atomizzazione delle postazioni di rete, riveste e svolge internet. I blog, le piattaforme partecipative web come change e compagnia bella, le piattaforme di consulto diffuso e diretto, espropriano nel momento della loro attivazione ogni residuale volontà partecipativa. Ovvero, potendo partecipare nella comodità dell'opinione e nella sua espressione dalla posizione atomistica e privata che si assume, viene svuotata di senso ogni reale attivazione modificatrice e trasformatrice della realtà stessa, che resta immutata avendo assorbito fittiziamente ogni eventuale espressione volontaristica di partecipazione che essa stessa smuove. Induce e svuota nello stesso immediato istante ogni volontà, ogni proposizione a portarsi avanti.

Le agenzie del potere, dopo aver svuotato di senso i nostri corpi e le nostre menti, stanno operando l'ultimo massiccio  svuotamento delle operatività e dell'azione volontaristica. Ciò che unicamente è consentito fare non è partecipare all'avvio di un processo di trasformazione che dalle istanze di bisogno e di desiderio emerge al pensiero, ma surrettiziamente e fittiziamente celebrarlo e rappresentarlo, vanificandone realmente nell'universo dell'opinabile ogni reale incidenza sulla realtà.

Ecco perchè ci sono movimenti politici, e personaggi politici, che ottengono così tanto e veloce successo elettorale, a differenza di quando la costruzione del consenso avveniva attraverso lentissimi e territorialmente diffusi  processi di concretizzazione relazionale.




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